(L'Ordine Rosso 02) Parasight Non guardarmi by E.S. Carter

autore:E.S. Carter [Carter, E.S.]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788855311014
editore: Hope Edizioni
pubblicato: 2020-03-12T23:00:00+00:00

* * *

Fuori, il sole filtra tra le nuvole, gettando un bagliore luminoso sull’erba bagnata dalla rugiada. Questa vecchia fattoria di merda, con il suo cottage adiacente, sembra piuttosto carina nella sua luce purificante. Si riesce quasi a ignorare il legno marcio e il vialetto sterrato coperto di buche. Quasi.

Mi guardo intorno e individuo Cal che si allontana lentamente dal cottage, avvicinandosi al recinto alla mia sinistra. Oggi sembra diversa, con i capelli legati in una coda, una semplice maglietta giallo limone e dei jeans. Non l’ho mai vista con vestiti che non fossero bianchi, tranne ieri sera con quel pezzo di merda nero che le avevano fatto indossare e che, mi vergogno ad ammetterlo, me l’ha fatto venire duro. Oggi assomiglia a una ragazza normale che fa una passeggiata in campagna, nonostante sia comunque circondata da quell’aria eterea e i suoi passi siano misurati e aggraziati come sempre.

Questo finché la sua gamba destra affonda in una buca, dove una volta si trovava uno dei pali dello steccato, e il suo corpo si piega all’improvviso verso il suolo, perdendo l’equilibrio.

Comincio a correre, coprendo la distanza tra noi in una manciata di secondi e saltando sopra lo steccato di legno marcio.

«Cal, sei ferita?» le domando precipitandomi da lei, incapace di nascondere il panico nella mia voce. La raggiungo in pochi passi e mi piego sulle ginocchia per portarmi al suo fianco.

«Solo nell’orgoglio» risponde lei piano. Il buco in cui è caduta è pieno per metà di acqua fangosa: i suoi jeans e un lato del suo corpo sono coperti di fango, le mani sono nere e scivolose mentre si tira su con una smorfia.

«Sei ferita, lascia che ti aiuti.»

Mi allungo, ma lei scaccia le mie mani.

«No, mi sono trovata in situazioni peggiori. Posso tirarmi fuori da sola. Non sono ferita.»

Il buco è più grande di quanto mi sia sembrato all’inizio e non posso fare a meno di chiederle: «Come cazzo hai fatto a non vederlo?» Già, sono uno stupido cazzone che non è abituato a filtrare le parole.

Lei piega il viso, i suoi occhi si abbassano verso l’erba mentre si spinge in alto, ma calcola male il bordo del buco e le sue mani scivolano sull’erba bagnata atterrando nell’acqua fangosa.

I suoi movimenti sono goffi, non da lei. Le sue dita faticano a fare presa, forse perché non sta guardando dove le mette, sta cercando, piuttosto, di percepirlo, col risultato di muoversi in modo scoordinato e frenetico.

Non sempre sono un’aquila, ma arriva il momento in cui riesco a collegare tutto. I suoi frequenti passi falsi, la mancanza di contatto visivo diretto, il fatto che non sussulti davanti alle mie cicatrici e che non sia affatto intimidita da me, quando la maggior parte delle persone scappano appena mi vedono, e i suoi occhi, di un colore diverso da tutti quelli che abbia mai visto.

«Lascia che ti aiuti, Cal» mi offro con gentilezza, senza aspettare il suo consenso. La afferro con entrambe le mani e la sollevo contro il mio petto, mi piace la sensazione di tenerla stretta a me, persino più di ieri sera, al buio, quando l’ho messa a letto.

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